I giovani del territorio, da punti di vista diversi, raccontano la loro esperienza di custodia dell’ambiente ed un diverso stile di abitare.
Ambiente, educazione e cultura

Veronica Guerra, guida ambientale ed escursionistica e dottoressa in scienze della terra ha raccontato l’attività dell’associazione Chiocciola – la casa del nomade che si occupa di educazione “nel paesaggio, con il paesaggio, per il paesaggio“.
L’associazione gestisce il Museo ha preso l’incarico di gestire e valorizzare il Museo Naturalistico / Centro di Educazione Ambientale e alla Sostenibilità dell’Ente Parco Sasso Simone e Simoncello, un museo vivo perché impegnato nella ricerca, nella formazione, nel coinvolgimento degli abitanti e degli esperti locali, nel creare rete con chi, provenendo da altri contesti, porta nuove visioni.
www.musss.it
www.parcosimone.it
Attorno al museo cerchiamo di fare un lavoro di crescita della comunità che ha come scopo l’educazione e che ha come attori la scuola, le istituzioni, ma anche l’intera comunità con le sue buone pratiche, le sue esperienze. Con un lavoro di rete si cerca di coniugare la vita dell’abitante con tutto ciò che è rappresentato dal mondo esterno.
Veronica Guerra – Chiocciola – La casa del nomade
Un diverso senso

Di seguito si riporta l’intervento di Sr Giulia Vannini delle Monache Agostiniane di Pennabilli.
“Per poter parlare di autentico sviluppo, occorrerà verificare che si produca un miglioramento integrale nella qualità della vita umana” Laudato Sii n.147
La prospettiva da cui parto è questa: quello di cui parlerò non è strettamente legato all’ambiente se lo intendiamo solo come natura, ma proprio all’ambiente come vita umana. Per quello che ho potuto vedere in questi anni la vita monastica punta proprio sul rendere la vita più umana.
Tutto quello che dirò parte dalla prospettiva dell’ascolto. In questi anni ho potuto vedere e sperimentare come tutto ciò che viviamo parte dallo stare in ascolto della vita che ci raggiunge, delle persone e da ciò che vivono, della nostra vita e poi della vita della chiesa e del mondo. Tutto per noi nasce proprio dallo stare in ascolto, non dal vivere una vita che è già tutta decisa, che va avanti uguale da secoli e che non ha bisogno di cambiare. Noi abbiamo scelto, e sempre dobbiamo riscegliere perché non è automatico, di stare in ascolto della vita intorno a noi e dentro di noi. In questo stare in ascolto sono nate e stanno nascendo delle cose molto belle, che già c’erano e che con le nostre vite personali stanno crescendo.
Il primo aspetto di cui vorrei parlare è il lavoro. Quando sono entrata in questa comunità ho trovato una comunità che aveva scelto di investire sul lavoro. Da sempre i monasteri hanno investito sul lavoro. Queste monache però stavano investendo su un lavoro di donne di oggi, contemporanee. Quindi non più il ricamo o cose che le monache da sempre hanno fatto, ma su un lavoro che fosse un lavoro di oggi.
Noi abbiamo un laboratorio di falegnameria, di vetrate artistiche, e inoltre sr Elena è scultrice e artista a tutto tondo e introduce anche noi in questo suo lavoro. Il lavoro per me innanzitutto è la possibilità di imparare un lavoro manuale, fatto con le nostre mani e questo è moto bello perché ci trasmettiamo il sapere l’una all’altra. In questo momento io mi sento più dalla parte di chi riceve. Grazie alle monache anziane che hanno messo da parte i loro risparmi e hanno conservato gli spazi, oggi noi possiamo fare i lavoro che facciamo. E poi grazie alle sorelle più adulte che già prima o negli anni hanno imparato un mestiere, sono nati i laboratori che abbiamo. È bella questa trasmissione del sapere nelle generazioni dove ognuna cerca di aggiungere un pezzo, perché il lavoro non sia solo lavoro, ma sia anche bello, ben fatto per chi lo compra. Inoltre nel lavoro vedo anche una grandissima possibilità per noi di sentirci e di essere uguali a tutti gli uomini e le donne del mondo. Anche noi come tutti se non lavoriamo non guadagniamo e non viviamo. Per quanto non lo viviamo con l’affanno di una ditta, perché lo scegliamo insieme e siamo insieme a viverlo, anche a noi la vita richiede di lavorare, come a tutti gli uomini.
Rispetto al lavoro sento anche bellissimo che qui quello che si rompe si ripara: la madre Veronica in questo è la nostra maestra, che da anni continua a riparare le cose e gli oggetti senza buttarli. Non solo si ricicla, ma si ripara, e anche questo è impegnativo perché richiede tempo e capacità per imparare a farlo.
Un altro aspetto che sottolineo è l’ospitalità, che sembrerebbe distante dal tema dell’ambiente, ma per me è una parte della nostra vita molto importante. In questi anni per noi l’ospitalità sta diventando uno stile di vita: ospitare vuole dire accogliere le persone che stanno qualche giorno qui da noi, come anche chi suona al campanello o la persona che viene a vendere alla porta… tutta è ospitalità. L’ospitalità ci insegna a smuoverci dalla nostra posizione, ci aiuta a cambiare i programmi perché le persone non sono ma come le vorremmo, ci aiuta a farci occupare e raggiungere dall’inaspettato, dentro e fuori di noi. Ovviamente bisogna voler farsi raggiungere, non è automatico.
A me ospitare sta anche insegnando a vivere io da ospite. Mi aiuta pensare che anche la nostra vita, la vita di tutti, è una vita che noi viviamo da ospiti. Infondo, principalmente, significa che nulla è mio, privato. Che si vive avendo tutto, ma niente lo possiamo possedere. E questo è un modo di vivere anche nell’ambiente, nel mondo, che tutti potrebbero vivere: quello cioè di non considererai nulla come proprietà privata. Addirittura Dio nella Bibbia nega ogni pretesa di proprietà assoluta: “Le terre non si potranno vendere per sempre perché la terra è mia e voi siete presso di me come stranieri e ospiti” Lv 25,23. Le terre sono di Dio per essere di tutti, Dio garantisce che la terra sarà sua, ma perché sia di tutti.
A questo lego l’ultimo punto, a questo non possedere nulla lego il modo in cui noi viviamo la povertà. La povertà si può vivere in tanti modi, io qui ho trovato un modo che da subito mi ha innamorato. La povertà già l’avevo conosciuta per altre strade, ma in questa vita c’è una specificazione particolare: la povertà noi la viviamo come condivisione. Agostino nella Regola assicura che non ci mancherà nulla, che avremo tutto perché tutto sarà dato secondo il bisogno di ognuno. Già questa non è una cosa da poco, è anche il privilegio di vivere in una comunità, non solo monastica, ma potrebbe e dovrebbe esserlo anche una comunità civile. Questo tutto che avremo, però, dice Agostino, sarà tutto in comune. Niente sarà privato. Noi non viviamo una povertà estrema, viviamo una vita semplice, non tanto però come assenza di cose, ma come condivisione totale. Investire su una vita che sia tutta condivisa non è poi così facile, perché non riguarda solo le cose, ma anche le relazioni, la propria vita interiore e personale, lo spazio, il tempo. Questo ci responsabilizza poi a vivere anche quello che è comune come la cosa principale. Sempre Agostino nella Regola ci richiama a vivere e ad affezionarsi a ciò che è comune, ad interessarsi all’interesse comune. Questa cosa è molto difficile: farsi occupare da quello che è comune prima che da quello che è mio, che mi riguarda, non è semplice, ma è come una restituzione di tutto quello che ricevo come dono.
Tutto questo, come ho detto prima, nasce dall’ascolto, delle persone, del mondo, della chiesa. Davvero crediamo che Dio parla lì, parla solo lì. L’ascolto ci decentra, realmente è l’unica cosa che ci permette di far entrare altro e decentrarci solamente da noi. Per ascoltare serve anche il silenzio, che è un’altra dimensione importantissima della nostra vita, ancora tutta da imparare e da vivere per me. L’ascolto credo sia la cosa che ci caratterizza di più e che ci chiede una continua conversione, come a dire: non vi accontentate mai di dove siete arrivate, ma state continuamente in ascolto della vita.
Un diversa economia

Roberto Baldani in rappresentanza della Cooperativa Agricola & Sociale Sora Madre Terra immersa tra le splendide colline dell’Alto Montefeltro ha parlato di un nuovo modo di fare economia con l’opera di numerosi imprenditori agricoli che collaborano nella coltivazione dei campi, nell’allevamento degli animali – alpaca, ma anche asinelli e pony, papere, oche, galline e piccoli rapaci – nella tutela del territorio e nella produzione di prodotti tipici locali.
La Cooperativa ha sede presso il Convento Francescano di Montefiorentino di Frontino (PU). in cui sorge anche la Fattoria didattica “Il Sogno” che accoglie gruppi, famiglie e scolaresche che vogliono conoscere meglio il mondo contadino e le sue attività.
I luoghi devono essere custoditi così come i sogni, altrimenti muoiono.
Roberto baldani
Un diverso modo di far politica

Elena Vannoni racconta la sua esperienza politica, le motivazioni che l’hanno spinta ad occuparsi attivamente di politica ed alcuni progetti da lei avviati in termini di custodia delle persone e del territorio.
Come diceva Don Agostino Gasperoni prima di fare la carità si deve fare la giustizia
Elena vannoni
Acqua, un bene comune

Federica Natalia Rosati, ricercatrice dell’Università di Bruxelles racconta la sua attività di ricerca sulle modalità di accesso all’acqua in alcuni Paesi in via di sviluppo, in particolare Vietnam e Bolivia offrendo uno sguardo che analizza i sistemi idrici per scoprire l’orizzonte sociale e collettivo che in essi è sotteso.
Il tema dell’acqua è fondamentale se pensiamo all’esaurimento di una risorsa che dal 2010 è stat riconosciuta come diritto umano e che è in progressiva diminuzione. Ad oggi ancora una persona su 10 al mondo non ha accesso all’acqua potabile e uno su tre non ha accesso a servizi sanitari di base.
federica natalia rosati
Un diverso abitare

Nicola Ianni descrive la sua esperienza di lavoro e condivisione nell’orto della biodiversità di Casa Fanchi, borgata di Pennabilli che si trova all’interno del Parco Simone e Simoncello ed in cui l’ente parco ha finanziato la ristrutturazione della piazza e della parte esterna della chiesa. “Il giardino della biodiversità” nasce dall’esperienza di un gruppo di persone, in particolare Guerrino Fanchi che, nel tempo, hanno conservato sementi, vigne e alberi di frutto di qualità antiche, tenendo vivo un orto ed uno spazio di socialità e coinvolgendo negli ultimi anni un gruppo di giovani laureati che hanno scelto di ripopolare il borgo e di coltivare e custodire i campi.
Casa Fanchi è un borgo di Pennabilli dove fino a pochi mesi fa vivevano 3 persone e più di 30 animali. A marzo sono tornato a vivere qua. Quando studiavo a Bologna, una città nemica dell’ambiente, nei momenti liberi venivo a Casa Fanchi perché stavo bene. Potevo lavorare nell’orto, raccogliere le mele, vedere un bellissimo tramonto, stare insieme a delle persone con un ritmo di vita diverso. Terminati gli studi da agronomo ho trovato un’enorme soddisfazione nella fatica del dissodare un piccolo pezzo di terra e nel recupero dell’orto iniziato da amici. L’orto ora è cresciuto in modo esponenziale. L’area di Casa Fanchi è un luogo di vita agricola alternativa basato sulla povertà e la condivisione in cui la condivisione è l’unica via di ricchezza. Si può passare dalla povertà alla ricchezza tramite la condivisione di tutto ciò che abbiamo intorno.
Nicola ianni