Le emozioni. Nei paesaggi della Laudato Si’

Don Marco Casadei

Riportiamo di seguito la traccia della “Attivazione emozionale nei paesaggi della Laudato Sii” guidata e curata da Don Marco Casadei e dalle Monache Agostiniane di Pennabilli. Testi della Meditazione di Don Davide Arcangeli.


Primo momento: le tenebre

In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. 

genesi 1,1-5

Siamo in molte. Dio ci ha create per ricoprire l’abisso e per mostrare la profondità del tutto. Siamo come una fossa oceanica, dove si va così in fondo che niente altro vi arriva, solo l’essere di Dio.

Noi lo custodiamo come la nube del deserto che ricopre la dimora: ne segnaliamo la presenza e insieme la nascondiamo ad occhi indiscreti.

Siamo come il velo che nasconde il volto di Dio, una cortina fitta posta a protezione dello scrigno d’amore che è a fondamento di tutto.

Siamo in molte e ciascuna con una sua funzione: c’è la tenebra del sonno e quella del grembo materno; c’è la tenebra della paura e quella delle incognite future; c’è la tenebra dei segreti inconfessabili e quella delle potenzialità nascoste; c’è la tenebra prima del concepimento e quella della morte.

Tutte noi sappiamo di essere limitate, nel tempo e nello spazio; siamo un passaggio di nubi, che protegge l’essere prima della sua esplosione d’amore. Siamo un vuoto primordiale, da cui scaturiscono a coppie particelle di energia. Siamo il lato oscuro di una nube, che mostra già l’altro lato luminoso, per il cammino dei poveri di Dio.

Siamo un punto di osservazione privilegiato, per vedere la successione dei giorni e delle stagioni: senza di noi infatti non vi sarebbe né alternanza, né tempo, né progresso. Noi osserviamo con meraviglioso stupore tutte le gigantesche separazioni della creazione: le acque superiori da quelle inferiori, la terra asciutta dalle acque; i germogli e le erbe, ciascuna secondo le loro specie; i pesci del mare e gli uccelli del cielo, secondo la loro specie; il bestiame, i rettili e gli animali selvatici, ciascuno secondo la sua specie.

Molti, fin da bambini, ci rifuggono, perché pensano di noi solo cose negative e vogliono essere rassicurati da una luce riconoscibile. Sono rimasti in fondo un po’ infantili, rinchiusi nello spazio angusto di un io che si difende e vuole essere lui l’autore della luce. Noi invece, custodi dell’inconscio, siamo la riserva di energia che allarga il cuore dell’uomo e lo muove verso inediti confini, verso un amore sempre più grande, sempre nuovo. Noi siamo custodi dello Spirito, che aleggia sulle acque della vita e le fa zampillare per la vita eterna. Noi siamo le vergini vestali del fuoco dell’amore, che muove i passi incerti di ogni uomo, verso la pienezza della sua esistenza.

LE TENEBRE

Le emozioni. Nei paesaggi della Laudato Si’

Anche il vuoto non è vuoto, ma dal vuoto – le nostre tenebre, la massa informe della creazione – può nascere qualcosa. Quali sono le mie potenzialità ancora inespresse?


Secondo momento: l’argilla

Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.

gENESI 2,7

Sono l’argilla del suolo. Ho visto nella mia lunga esistenza molti passaggi. Dalle stelle sono stata rifusa in minerali di ferro, dal sole sono stata riplasmata nei miliardi di anni, dalla terra sono stata effusa e asciugata e dall’acqua sono stata dilavata fino ad essere raffinata in particelle minute. Poi sono stata precipitata lungo fondali lacustri o marini e infine trasportata dalle correnti e continuamente rimacinata.

Ora mi trovo qui in un suolo senza vita, depositata da questa magnifica polla d’acqua, che continuamente sgorga e fluisce sulla terra. Non so perché sono stata creata e perché mi trovi qui, ma sento che questo continuo rimaneggiamento non è casuale. È come una mano che mi tocca e mi direziona, mi allarga e mi stringe, offrendomi una forma che continuamente varia verso una perfezione che non conosco.

Sono materia, ma ho capito che dentro di me ogni particella è già potenzialmente ricurva verso la vita. Sono fatta di energia radiale, che si orienta verso il centro, verso una coscienza di sé, verso una pienezza di vita consapevole. È come un soffio, che è mio e non è mio, perché lo ricevo come la parte più profonda di me. Da Dio. Sono nephesh haiah. Un essere che vive e che respira. Un’ anima che da forma a tutto. Un cuore che batte e percepisce. Muscoli e nervi che trasmettono movimento. Un volto che sorride alla vita e gode dei suoi doni.

Io sono ancora e pur sempre argilla, polvere del suolo, macinata dalla terra. Ma sono anche qualcosa di totalmente nuovo e diverso: un essere che vive, pensa, si comprende. Io stessa mi stupisco del mio stupore. Cosa sono diventata?

Posso dare un nome a tutto ciò che vive…ma perché mi sento così sola? Sento la tremenda necessità di un altro che mi comprenda, perché è come me. Saranno un’unica carne: ecco il mistero della vita, amore e relazione che si generano dall’argilla e dallo Spirito di Dio. Vedo il mio fianco dolorante, la mia ferita che mi apre all’altro, a sentirlo, ad amarlo, col suo dolore, con la sua lotta per l’esistenza. Sono pur sempre argilla, ma con la mia ferita d’amore ho scalato la montagna dell’essere e vivo di colui che ha preso forma da me e a me si è donato per sempre.

L’ARGILLA


Terzo momento: l’albero

 La donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.

GENESI 3,6

Mi trovo al centro del giardino. Certo sono tanti gli alberi qui e forse ciascuno di loro ha un po’ diritto di sentirsi al centro. Ciò che conta è che siamo insieme, ciascuno nel suo centro, e siamo cresciuti nel tempo a partire da piccoli semi.

Io ritrovo le mie radici ben salde nel terreno, radicato in un suolo ricco d’acqua e di nutrimenti, da cui ricavo ogni giorno una linfa preziosa per la mia continua crescita verso l’alto.

Avere radici è come avere identità: è una storia che mi ha preceduto a fornirmi le coordinate per il mio sviluppo, a darmi la resistenza profonda e gli atteggiamenti giusti nei confronti della vita. Certo, non sempre il terreno è buono e talvolta le mie radici hanno dovuto spostarsi per poter trovare la giusta umidità. Questo mi dà coraggio, la forza della vita che mi precede ha in sé un innegabile spirito di ricerca e autoconservazione, che opera dentro di me.

Essa fluisce come linfa nel mio tronco e grazie alla capillarità dei miei vasi, grazie alle strettoie della vita in cui sono passato, essa ha potuto risalire verso l’alto e farmi fiorire nei rami. Ho dovuto difendermi con una buona corteccia, ma solo per conservare meglio il legno dolce di cui sono costituito. Poi la vita si è come ramificata, in tante scelte ed esperienze che, come rami, hanno arricchito la mia chioma. Alcune sono terminate, altre stanno ancora crescendo, verso l’alto. Ma tutte offrono ancora fiori e frutti a chi li vuol contemplare e raccogliere per sé.

Così anch’io mi faccio dono e in questo modo cresco verso il cielo: ricevendo la vita da Colui che me la dona a partire dalle mie radici, anch’io la dono crescendo verso l’alto, verso la luce, e più mi avvicino e ne sento il calore e godo della brezza mattutina, più imparo a conoscere la bontà senza fine di questa luce originaria.

Conosco il bene ma, purtroppo anche il male, quando sento sui miei frutti uno sguardo di possesso, ingordigia, egoismo come se essi non venissero donati gratuitamente. Come se qualcuno ci stesse ingannando e mi avesse creato solo per divertirsi alle spalle di chi i miei frutti li può vedere ma non toccare. Ma tutti li possono toccare e anche mangiare, perché anch’io li ho ricevuti così da Dio. Chi mai ha potuto ingannare e ribaltare il comando originario? Esso dice solo che noi siamo fatti per ricevere, gratuitamente, la vita che proviene da Dio e se cerchiamo di goderla autonomamente la facciamo morire. Esso invita a toccare e mangiare, sperimentando il dono di Dio e il suo amore nel nostro cuore. Perché gli uomini vogliono possedere per paura di perdere, come se non fosse già stato tutto donato loro? Chi ha messo loro nel cuore questo sospetto?

L’ALBERO

Le emozioni. Nei paesaggi della Laudato Si’

Puoi immaginarti come un albero, con una postura particolare (piegato in due, disteso, speranzoso…). Che albero sei?

L’Albero – Opera di Sr Francesca Serreli, Monaca Agostiniana di Pennabilli

Quarto momento: la terra

Caino disse al fratello Abele: «Andiamo in campagna!». Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise.

genesi 4,8

Raccolgo il sangue come una coppa, me ne intrido in tutti i miei pori e piccoli canali, lo succhio imbevendomi tutta di questa vita che non c’è più: Abele, hevel, soffio inconsistente che va e non ritorna. Io accolgo il tuo sangue per gridare a tutto il mondo che non è vero che tu sei inconsistente! Tu sei, la tua vita è vera e reale, la tua carne e il tuo sangue esistono e io ne ho le prove. Io grido per dimostrare davanti a Dio a tutti gli uomini che la tua esistenza c’è e ci sarà sempre e nessuno potrà mai cancellarti. Anche se sei morto e poi bruciato in uno dei tanti campi di sterminio della storia, anche se sei scomparso negli abissi del mare, in uno dei tanti viaggi di fortuna, anche se sei sepolto sotto di me, in una delle tante trincee di guerra del nostro mondo, tu sei e io grido con tutta la forza del tuo sangue che tu esisti ancora.

Lo grido prima di tutto a Dio, perché ascolti la mia voce, lui che è giusto e misericordioso. Poi lo grido a tutta la creazione di Dio, perché anch’essa si ribelli, provochi disordine, mostri all’uomo quale conseguenza nefasta ha la violenza da lui scatenata: la distruzione delle differenze, la rottura degli equilibri delle acque, il ritorno al caos primordiale. Che l’uomo capisca che la violenza provoca violenza e distrugge il progetto originario di Dio!

Io grido a Caino, che per ritrovare sé stesso, deve trovare il suo fratello, tornare a farsene custode, pastore, amico. Io grido a Caino tutta la fatica che dovrà fare, per lavorare il suolo e ricordarsi ogni giorno di suo fratello, riscattando così il tremendo peso della sua responsabilità. Io grido ad ogni uomo che nessuno tocchi Caino! Si fermi così la spirale del male, si taglino alle fondamenta le catene dei condizionamenti che portano l’uomo a produrre altro male. Solo così egli potrà espiare la sua colpa e riscattare sé stesso, con il prezzo della sua fatica. Egli capirà l’importanza di dominare la bestia, accovacciata alla sua porta. Egli capirà che l’equilibrio del terrore non è vera pace, ma solo un fragile sentiero pericoloso, sempre suscettibile di cedere all’abisso delle tensioni contrapposte e alla possibilità di una distruzione totale.

Io custodisco il sangue di Abele e con questo sangue grido all’uomo: fermati e non distruggerti, guarda a questo sangue che ti redime e convertiti alla vita! Finalmente!


Le emozioni. Nei paesaggi della Laudato Si’

Cerca di entrare nei panni di Caino con la sua invidia, il rapporto con il padre. Poi nei panni di Abele che si sente favorito, ma che attira le gelosie degli altri. Infine nei panni del Padre.


Ripresa visiva

L’urlo del sangue innocente, dall’origine della vita e della storia, grida a noi dalla terra. È un grido che risuona lasciato solo nella notte, e rimbomba dal cielo, nei volti dei tanti innocenti che dall’inizio della storia attendono risposta.

C’è bisogno che qualcuno risponda al grido, e salvi la vita dalla caduta nell’insensatezza.

Ma chi è in grado di ascoltarlo?

“Ascolta, Israele…”

Poi venne, e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti…

È Gesù Colui che risponde, Colui che ascolta tutto il grido che dal cielo gli è consegnato dal Padre e si lascia restare sveglio, insonne, nel Getzemani. Facendosi calice accogliente.

È Colui che unisce il suo urlo e il suo sangue sudato, a quello degli innocenti della storia, patendolo e lasciandolo cadere nell’abisso della terra.

È Colui che sceglie di farsi carico di quell’urlo, lasciandosi sprofondare SLIDE 6 in quell’abisso per riscattare e dare senso a tutto il sangue che era sprofondato nell’insensatezza.

È Gesù, albero tra gli alberi, che fa del suo corpo l’albero, la croce.

Getsemani – Dipinto di Sr Elena Manganelli, Monaca Agostiniana di Pennabilli

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