Quando un conflitto segna un cambiamento d’epoca

Testi tratti dalla relazione di Alberto Conci in occasione del Seminario del percorso FARE PACE

In tanti modi e da diverse prospettive si può approfondire ed analizzare il tema della guerra.

Noi scegliamo di affrontarlo dal punto di vista dei bambini.

Lei è Elya, una bambina ucraina di 6 anni morta di paura per i bombardamenti il 12 gennaio 2023. I suoi occhi ci accompagneranno.

La domanda è: C’è un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra? È ormai risaputo che, col progredire della scienza moderna, rispondere a questa domanda è divenuto una questione di vita o di morte per la civiltà da noi conosciuta, eppure, nonostante tutta la buona volontà, nessun tentativo di soluzione è purtroppo approdato a qualcosa.


Albert Einstein, 1932, lettera a Sigmund Freud

La Chiave

Nel 2023 riconosciamo che non è cambiata la sostanza del problema. Una cosa è cambiata però: la capacità distruttiva, che oggi è senza precedenti. Un tema di riflessione si impone, dentro l’orizzonte della guerra: quello della violenza.

In uno studio recente sulla Germania Nazista, un dato interessante -anche se marginale – era sul posto che ha la distruzione.

Perché abbiamo bisogno di distruggere? Che senso ha?

Era uno studio marginale sulla distruzione del ghetto di Varsavia e la successiva distruzione della città di Varsavia, che viene rasa al suolo per chilometri e chilometri.

Come se fossimo a Milano in piazza Duomo, e salissimo sul cumulo di macerie alto 5 metri, e ci rendessimo conto, a perdita d’occhio, che la cosa più alta che vediamo sono cumuli di macerie alti 5 metri. Fu un’azione senza senso: non solo si distrusse, ma si consumarono litri di benzina per incendiare ciò che si era distrutto.

Perchè?

Già Nel 1970, cinque anni prima di morire, Hannah Arendt pubblicava un piccolo saggio, Sulla violenza.

HANNAH ARENDT

Ella coglieva un elemento di novità, cioè la accresciuta capacità distruttiva sul piano tecnologico.

Lo sviluppo tecnico degli strumenti della violenza ha ora raggiunto un punto in cui nessun obiettivo politico potrebbe ragionevolmente corrispondere al loro potenziale distruttivo o giustificarne l’impiego effettivo in un conflitto armato. Perciò la guerra – da tempo immemorabile spietato arbitro finale delle dispute internazionali – ha perso gran parte del suo fascino. L’apocalittica partita a scacchi fra le superpotenze, cioè fra coloro che si muovono sul piano più elevato della nostra civiltà, si gioca secondo la regola per cui se uno dei due ‘vince’ è la fine per entrambi; è un gioco che non assomiglia a nessuno dei giochi di guerra che lo hanno preceduto. Il suo scopo ‘razionale’ è la deterrenza, non la vittoria, e la corsa agli armamenti, che non è più una preparazione alla guerra, può essere giustificata soltanto in base alla tesi che un potenziale di deterrente sempre maggiore è la garanzia di pace. Alla domanda se e come saremo mai in grado di districarci dall’ovvia insania di questa posizione, non c’è risposta

HANNA ARENDT – SULLA VIOLENZA

Risuona la domanda di Romano Guardini, che nel 1951 di fronte al potere tecnologico e alla sua distruttività si interrogava non tanto sul governo di questo potere, ma per lui la grande domanda era:

Come restare uomini governando questo potere”?
ROMANO GUARDINI

Cosa succede dopo questa analisi?

1989

Nel novembre dell’89 cade il muro di Berlino e viene approvata nelle Nazioni Unite la Dichiarazione sulla convenzione dei diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza (il documento più ratificato di tutto il pianeta).

Tuttavia…

Quello che è accaduto dopo il 1989 possiamo definirlo così: la pervasività planetaria della violenza armata. Il periodo precedente all’89 è stato un periodo nel quale la violenza armata, che eppure era presente in tutto il mondo, era localizzata, per la pressione che esercitavano i due grandi blocchi della Guerra Fredda. La violenza localizzata era accesissima, ma non c’era una pervasività globale con la percezione che tutto potesse esplodere da un momento all’altro.

Il filosofo tedesco Hans Magnus Enzensberger scriverà nel 1993 nel suo libro Prospettive sulla guerra civile.

Quel che colpisce in tutti i casi è, da un lato, il carattere autistico degli aggressori e dall’altro la loro incapacità di distinguere fra distruzione e autodistruzione. Nelle guerre civili odierne è svanita ogni legittimazione. La violenza si è liberata completamente da motivazioni ideologiche.


HANS MAGNUS ENZENSBERGER

Sotto la forte impressione della guerra nella ex Jugoslavia di fronte alla quale l’Europa appariva impotente, egli sosteneva che il passaggio fondamentale che si stava vivendo era quello di una progressiva estensione della violenza che avrebbe avvelenato anche l’Europa e l’Occidente. Secondo lui le guerre che esplodono dopo la caduta del muro tendono ad essere nichiliste: guerre che escono dal conflitto ideologico e che non danno risposta, in cui le macerie che restano sono il risultato tragico della distruzione dell’altro, ma anche della propria autodistruzione.

Samuel Huntington (S. P. Huntington, Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, Garzanti, Milano 2000) politologo statunitense, nel 1996 conierà l’espressione “scontro di civiltà“, ad indicare una prospettiva dalla quale egli non vede vie d’uscita a breve scadenza, ma piuttosto un progressivo inesorabile scivolamento verso uno scontro globale sempre più accentuato.

Oggi questa lettura dello “scontro di civiltà” non potrebbe essere letta a rovescio, cioè che stiamo in fondo costruendo una civiltà dello scontro?

E la chiesa?

Possiamo riconoscere nella riflessione della chiesa un pacifismo di fondo, che dovrebbe imporre a chi si dice cristiano di mettere in atto “l’essere costruttore di pace?

Le tappe: dalla guerra alla pace…
  • Nel 1917 Papa benedetto XV fece un appello per la fine della guerra, dichiarandola inutile strage, e fece questo appello nel momento in cui la strage era in atto.

  • Pio XI, con le sue due encicliche a denuncia dei totalitarismi: Con ardente preoccupazione – Mit brennender Sorge – 14 marzo 1937 – Fu scritta in tedesco, perché fosse compresa dai tedeschi, come denuncia dell’idolatria nazista. Il papa scrive pescando testi cristologici di una piccola chiesa luterana che decide di resistere, e che sarà distrutta, mandandoli in prima linea. Questa piccola chiesa vedeva tra i suoi fedeli personaggi quali Barth e Bonhoeffer. Divini redemptoris – 19 marzo 1937 – scritta denunciando il comunismo russo.

  • Pacem in terris – Paolo VI nel 1963, dopo la crisi di Cuba. Enciclica che non si rivolge più solo ai cristiani, ma a tutti gli uomini

  • 1968 – Paolo VI – Inaugurazione delle Giornate della Pace – 1 gennaio

Dalla terza guerra mondiale combattuta a pezzi alla terza guerra mondiale: il grido di Papa Francesco.

Nell’ottobre del 2014 al sinodo dei movimenti popolari Papa Francesco afferma:

Stiamo vivendo la terza guerra mondiale, ma a pezzi. Ci sono sistemi economici che per sopravvivere devono fare la guerra. Allora si fabbricano e si vendono armi e così i bilanci delle economie che sacrificano l’uomo ai piedi dell’idolo del denaro ovviamente vengono sanati. E non si pensa ai bambini affamati nei campi profughi, non si pensa ai dislocamenti forzati, non si pensa alle case distrutte, non si pensa neppure a tante vite spezzate. Quanta sofferenza, quanta distruzione, quanto dolore!

PAPA FRANCESCO

Meno di un mese dopo, alla domanda del giornalista giapponese Hiroshi Ishida, nel viaggio di ritorno dalla Turchia, il 20 novembre 2014, Papa Francesco aggiungeva:

L’energia atomica. È vero: l’esempio di Hiroshima e di Nagasaki… L’umanità non ha imparato, non ha imparato. È incapace di apprendere l’elementare, in questo argomento. Dio ci ha dato il creato perché noi di questa ‘in-cultura’ primordiale facessimo ‘cultura’. La possiamo portare avanti. E l’uomo l’ha fatto, ed è arrivato anche all’energia nucleare, che può servire per tante cose, ma la utilizza anche per distruggere il creato, l’umanità. E questa diventa una seconda forma di ‘in-cultura’: quell’in-cultura primordiale che l’uomo doveva trasformare in cultura diventa un’altra in-cultura, la seconda. E questa è un’in-cultura – non voglio dire la fine del mondo – ma è un’in-cultura terminale. Poi si dovrà ricominciare da capo, ed è terribile come le vostre due città hanno dovuto ricominciare daccapo

PAPA FRANCESCO – Conferenza stampa dopo il viaggio in Turchia, 20 novembre 2014

Nel discorso al corpo diplomatico del 9 gennaio 2023 la panoramica è a raggio totale sulle guerre in corso:

Oggi è in corso la terza guerra mondiale di un mondo globalizzato…

PAPA FRANCESCO

La consapevolezza nella chiesa è cambiata: non siamo di fronte a uno dei tanti passaggi, ma c’è stato un passaggio qualitativo.

Le parole di Bonhoeffer


Il giusto soffre per causa del mondo. L’ingiusto no. Il giusto soffre per certe cose, che per altri sono ovvie e necessarie. Il giusto soffre per l’ingiustizia, per l’assurdità e la stortura di quanto accade nel mondo. Soffre per la distruzione dell’ordine divino del matrimonio e della famiglia. Ne soffre non solo perché questo significa per lui una privazione, ma perché gli riconosce qualcosa che non è divino. Il mondo dice: le cose vanno così, così sarà e deve essere sempre. Il giusto dice: non dovrebbe essere così, è contro dio. In questo si riconoscerà il giusto: per il suo soffrire per il mondo.


D. Bonhoeffer, dal carcere, 8 Giugno 1944

Monache Agostiniane
di Pennabilli

Contatti

Via della Rupe, 4
47864 Pennabilli RN
osa.pennabilli@gmail.com
Tel. 0541928412

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: